Carol Romanis è il mio pseudonimo.
Sono una donna, una moglie, una mamma perennemente innamorata della vita.
Carol Romanis è il mio pseudonimo.
Sono una donna, una moglie, una mamma perennemente innamorata della vita.
Da sempre amo scrivere favole e poesie. Esattamente scrivo dall’età di 11 anni.
Iniziai come sfogo, per elaborare un lutto, la morte di mio padre.
Cercavo un modo per sentire meno dolore e, allo stesso tempo, avevo voglia di far sorridere e rendere allegro chi, tra le mie conoscenze, era arrabbiato o triste, qualsiasi fosse il motivo.
Piano piano, questa continua elaborazione della realtà per vederne sempre gli aspetti positivi, insieme alla continua ricerca per scorgere un lampo di luce nel dolore profondo, mi trasformava e il dolore insopportabile iniziò ad uscire dalle poesie, dai miei scritti sempre carichi di grande malinconia.
In classe, a scuola, iniziai a farli leggere ai miei amici, ai miei compagni e, con la loro approvazione, cominciai a credere fortemente in questa mia grande passione.
Scrivevo, leggevo, scrivevo e leggevo.
Divorai in pochi anni la biblioteca di famiglia e gli unici regali che desideravo ricevere erano solo libri, taccuini, quaderni e penne.
A soli 16 anni, con mia grande gioia di aver tentato ed esserci riuscita, vincevo il mio primo concorso “A Silvia” dell’istituto N. Moreschi nel 1987 con una poesia dedicata al mio papà.
La mia vita proseguiva tranquilla, sempre indaffarata a scrivere, leggere, scrivere e leggere ancora e ad amare la natura, la vita e tutto ciò che sa attraversare l’anima. I miei primi fidanzati sapevano bene come rendermi felice: un nuovo libro e un tramonto da guardare insieme. I tramonti… non ho mai smesso di guardarli!
Ormai giravo sempre con quaderni e biro a portata di mano.
Ogni momento era buono per scrivere e rileggere ciò che avevo scritto. In coda in posta, in tram, in un parco o nella sala d’attesa del dentista, non importava, l’importante era avere il materiale per poterlo fare: la mente non smetteva mai di produrre!
Vinco il concorso “Dino Campana” con la pubblicazione della sua poesia nella collana dedicata allo stesso.
Vivendo a Milano ho avuto anche la grande opportunità di frequentare la casa Zoiosa, il centro culturale tenuto dal preparatissimo prof. Antonello Nociti che, oltre a tenere lezioni di scrittura favolose, vivacizzava il centro con interventi di scrittori di ogni tipo.
Anche i corsi di scrittura creativa del Prof. Giuseppe Pontiggia mi rendevano sempre più sicura.
Ancora in Università, nel novembre 1989, partecipai alla XVII edizione “Pace 1989. Il disarmo come diritto umano – ed. Artecultura” con la mia poesia “Guerra”.
Con coraggio e con molta ingenuità decisi, nello stesso anno, di pubblicare il mio primo libro di poesia “Cantando nell’universo” ma, sapendo bene che nessuno avrebbe mai acquistato un libro di poesie di una giovanissima sconosciuta, iniziai a cercare un sistema per poter conversare di poesia con ragazzini delle scuole medie.
Mi feci aiutare dalle mie ex professoresse del liceo e diedi il via ad una sorta di tour per l’Italia, dove mi ritrovai a chiacchierare di poesia con ragazzi poco più giovani di me che restavano ad ascoltarmi per ore… con delle belle immagini proiettate e in sottofondo il piano di Canon de Pachebel, i ragazzi erano invogliati a sognare e a scrivere.
L’anno seguente, un’altra piccola ma grande soddisfazione: gli Sbandieratori di Gubbio inserirono una mia poesia “Giocando tra le nuvole” nella raccolta “La poesia e gli sbandieratori”, edito lo stesso anno.
Qualche anno dopo, nel 1996, decido di registrare da un notaio il mio pseudonimo e, da quel momento, chi scriverà sarà sempre Carol Romanis.
Mentre continuavo a studiare e a lavorare nel contempo, mi diedi alla ricerca di una radio che fosse disponibile a farmi leggere in diretta le mie poesie. La trovai: Radio Atlanta, una piccola realtà in Corso Sempione dove finalmente ebbi una grande soddisfazione: leggere le mie poesie in onda, accompagnandole con una musica perfetta. Infatti, il bravo e simpatico Guido Klinger, direttore del programma, mi offrì, oltre alla musica sulla quale adattare i miei scritti, anche la possibilità farlo, una volta alla settimana all’ora di cena.
Sempre in quegli anni ebbi la fortuna di incontrare un tal Frate Cesare che, senza nemmeno sapere chi io fossi o cosa facessi, mi confidò di essere alla ricerca di qualcuno che scrivesse poesie, favole e storie per uno spettacolo teatrale. Non solo voleva qualcuno che scrivesse per lui, ma che dovesse anche leggere in scena!
Ecco, dunque, che per un anno intero, ogni fine settimana, giravo nei teatri, grandi o piccoli che fossero (Teatro Nazionale a Milano e il Regio di Parma) a leggere poesie durante lo spettacolo “Jeshuah”, cantato dal frate e interpretato da due giovani attori.
Ad un certo punto però, smisi di scrivere.
Riposi tutto in un cassetto, quaderni, penne e taccuini.
Questo accade dopo il funerale di mia madre, nel 2001.
Profondamente grata di aver avuto fino a quel momento una madre meravigliosa capace di assecondare e valorizzare entrambi i suoi figli, mi sentii svuotata e riposi nel cassetto anche un po’ di me stessa.
Mi sposai di lì a poco e successivamente diventai mamma e, come tutte le mamme che lavorano e che tornano a casa distrutte, iniziai a perdere di vista anche me stessa.
Passarono gli anni, fino a quando un altro evento mi sorprese e nuovamente mi si propose un nuovo cambio di rotta. A 40 anni, un’inspiegabile miopia infantile aggredì i miei occhi. La situazione appare degenerativa. Venni operata agli occhi e, per parecchio tempo, rimasi praticamente cieca.
Cecità e silenzio dell’anima.
L’impossibilità di fare alcunché, in questa situazione, mi costrinse in una situazione di vero e proprio immobilismo.
Non potevo più guidare, lavorare, non potevo portare pesi, lavarmi da sola… insomma, che cosa avrei potuto fare se non immaginare e scrivere?
Con i miei figli cresciuti e tutto il bagaglio di immaginazione che da anni mi portavo sulle spalle, iniziai a chiedermi come avrebbero fatto questi piccoli ragazzini di oggi a continuare a coltivare fantasia ed immaginazione in un mondo dove pare che non importi più a nessuno farne uso.
Iniziai a pensare al grande tranello dei videogiochi e di tutte queste dipendenze di cui i ragazzi di oggi soffrono senza che noi, a volte, ce ne possiamo rendere conto.
Ma cosa posso dire io oggi che nessuno abbia ancora detto?
“Ma certo” – mi dissi– “Posso spiegare che cosa rappresenta la fantasia nella vita delle persone e come, con essa, si possa scampare a qualsiasi tristezza o malinconia; come l’immaginazione possa accompagnare la nostra esistenza senza per forza farci credere pazzi”.
La gioia che mi ha pervaso nello scrivere il mio primo libro, “Bongiz”, e la consapevolezza di poter e dover aiutare i miei figli (e i bambini di oggi) contro il pericolo di farsi annientare la fantasia e l’immaginazione, mi hanno da subito animato diventando, per me, una missione.
Il 17 febbraio 2017, “Bongiz” esce su Amazon e grazie ai tanti amici, in breve, diventa un piccolo best-seller!
Ho presentato il mio libro nelle scuole per trasmettere un messaggio importante: